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Le antiche tradizioni romane della Vigilia di Natale

Il primo atto della Vigilia di Natale era costituito dal “Cottio”, l’asta del pesce che si teneva dal XII secolo fino agli inizi dell’Ottocento, al Portico d’Ottavia, nei pressi della chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, dove venivano acquistate le materie prime del Cenone a base di pesce, un cenone di magro, come imponeva la tradizione, per adempiere al precetto dell’astinenza e non incorrere nella miscredenza.

La vendita all’ingrosso del pesce (il “cottio”, dal latino medioevale “coctigium”) iniziava nelle primissime ore del mattino e si svolgeva in forma di asta secondo modalità tradizionali. Per le contrattazioni venivano usati termini in gergo comprensibili solo ai “cottiatori” e agli acquirenti: venditori al minuto, gestori di trattorie, cuochi di nobili famiglie romane. Il tutto finiva per comporre una sorta di “spettacolo”, basti pensare che il mercato era frequentato non solo dai popolani, ma anche dai rappresentanti dell’alta società, che vi si recavano in abito da sera, dopo aver partecipato a feste nei palazzi.

La cena della vigilia era infatti considerata uno dei più importanti eventi culinari dell’anno. Iniziava con antipasto di olive, anguille, pescetti marinati e brodo di pesce; seguiva la pastasciutta al sugo di tonno, quindi il baccalà in umido con pinoli e zibibbo, accompagnato da broccoli e mele renette fritti in pastella. Dopo la cena erano di rigore la tombola ed il “sermone”, la poesiola natalizia recitata dai bambini davanti al presepe. Seguiva la messa di mezzanotte e particolarmente solenne era quella che si svolgeva nella basilica di Santa Maria Maggiore.

Dopo l’unità d’Italia fu deciso di spostare il mercato del pesce dal Portico d’Ottavia a piazza San Teodoro: il pesce veniva portato in città attraverso porta San Paolo e porta Portese e la nuova ubicazione del mercato consentiva di evitare che la merce dovesse attraversare la città. , Il nuovo mercato era dotato di botteghe per la vendita, di pulpiti per i banditori, di una strada per il passaggio dei carri e di illuminazione notturna, oltre che di un sistema di innaffiamento che contribuiva non poco, rispetto al passato, a migliorare le condizioni igienico sanitarie.

Il “Cottio” si svolse a San Teodoro fino al 1927, quando fu trasferito ai mercati generali sulla via Ostiense: nella notte tra il 23 ed il 24, intorno alla mezzanotte si aprivano i cancelli dei mercati generali: anche i privati cittadini avevano facoltà di accedere al mercato dove si potevano gustare, a titolo assolutamente gratuito, “cartocciate” di pesce fritto (pesciolini, pescioloni, magari non di qualità estremamente pregiata ma … pur sempre pesce fresco), offerte dai grossisti. Si veniva a creare una suggestiva atmosfera divenuta poi, in epoca più recente, una “moda d’élite, che tra l’altro permetteva anche un certo risparmio rispetto alla spesa nelle normali pescherie cittadine. , Questa tradizione, purtroppo, è andata perduta. E’ finita così, come a volte finiscono tutte le cose belle, simpatiche, piacevoli, quando sono stati chiusi i vecchi mercati generali, trasferiti nella nuova e più idonea sede a Guidonia.

di Annarita Sanna

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