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La miracolosa pianta del Silfio per i Romani

Usata dai Romani in cucina e in medicina, la pianta del silfio (o laserpizio), era così ricercata che alla fine scomparve del tutto, prevalentemente a causa dell’uomo e della sua avidità.

Plinio il Vecchio, scrittore,naturalista e ammiraglio romano, scrive nella sua Naturalis Historia:

“Parleremo del laserpizio, famoso per il prestigio di cui gode. I Greci lo chiamano silfio e fu trovato in Cirenaica. Il suo succo, detto lasere, è di grande importanza per l’uso quotidiano e per la preparazione di medicinali: lo si vende al prezzo dell’argento”.

Una pianta estremamente pregiata, quindi, e molto ricercata. Al punto che già a quei tempi era considerata estinta proprio nella regione da cui proveniva, attorno alla città di Cirene, nell’attuale Libia (ai tempi di Plinio, ne fu trovato un unico fusto, inviato in dono a Nerone).

Il silfio cresceva in una zona piuttosto limitata della Cirenaica e pare fosse difficile da coltivare. Considerata la maggiore risorsa commerciale della città di Cirene, ne divenne il simbolo, tanto che vennero coniate monete con la sua immagine. Secondo il mito, era un dono del dio Apollo e veniva utilizzata da gran parte degli antichi popoli fioriti nel bacino del Mediterraneo. Dal silfio si ricava una resina pregiata, che una volta ridotta in polvere veniva usata in cucina (sono molte le ricette del cuoco romano Apicio in cui è citata) o come medicamento per un numero straordinario di malanni. Doveva avere un sapore e un odore molto forti, ma una volta cotta donava ai piatti un aroma simile a quello dell’aglio.

Tuttavia, non pare sia stata l’estrazione a scopo medico e culinario della resina a determinare l’estinzione del silfio, bensì un’altra ragione, comunque legata all’inarrestabile gola dei ghiottoni romani. Sempre Plinio scrive nella sua opera:

“Di laserpizio si nutriva solitamente il bestiame, che dapprima con esso si purgava, poi acquistava peso, mentre la carne prendeva un sapore straordinariamente gradevole”.

Dopo l’ingresso stabile di Cirene nell’orbita romana, gli affittuari dei pascoli pensarono di mettere a profitto il loro denaro allevando bestiame in grande quantità, ma a quanto pare, finirono per devastare i pascoli stessi, facendo estinguere il prezioso silfio, che dovette essere giocoforza sostituito con altri ingredienti simili provenienti dell’Oriente.

La resina ricavata dal silfio, veniva ampiamente utilizzata in campo medico: si riteneva che curasse tosse, gola irritata, febbre, indigestione, dolori, verruche e vari altri tipi di malattie. Ma soprattutto, secondo Plinio, era usata come contraccettivo. La cosa può apparire bizzarra, ma oggi si sa che molte specie appartenenti alla famiglia delle Apiacee, influiscono sull’attività degli estrogeni, ed è stato dimostrato che alcune di esse possono provocare aborti. Scive ancora Plinio:

“Il lasere entra in moltissimi preparati medicinali preso in pozioni attenua i malanni dei tendini. Viene dato alle donne nel vino per provocare le mestruazioni e assunto in dosi abbondanti previene la flatulenza. In pozione neutralizza il velenio di frecce e lance e quello dei serpenti. Applicato con vino, zafferano e pepe, in seguito a frizioni, favorisce la ricrescita dei capelli in caso di alopecia”.

Insomma, una vera panacea, che a quanto pare ne giustificava il prezzo, a volte esorbitante.

di Annarita Sanna

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