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Hatshepsut, amata da Amon, prima tra le Nobili Dame

Hatshepsut  (1513/1507 a.C. circa – 1458 a.C), sepolta nel sito KV20 (poi traslata nella KV60?) nella Valle dei Re, è stata una regina egizia, quinta sovrana della XVIII dinastia. Il suo nome significa letteralmente “Amata da Amon – Prima tra le Nobili Dame”.

Fu la seconda donna a detenere il titolo di faraone. Fu incoronata nel 1478 a.C. e regnò ufficialmente al fianco di Thutmose III, di cui era zia e matrigna. In precedenza, Hatshepsut era stata la “Grande sposa reale”, cioè moglie principale e regina consorte, di Thutmose II, padre di Thutmose III. È generalmente considerata dagli studiosi come uno dei migliori faraoni della storia egizia, avendo inoltre regnato molto più a lungo di ogni donna appartenente a tutte le altre dinastie native dell’Egitto.

«La prima grande donna della storia di cui noi abbiamo notizia.»

(James Henry Breasted )

Hatshepsut e Thutmose II ebbero una figlia di nome Neferura.  Thutmose II ebbe il futuro Thutmose III (1479 /1458  – 1425 a.C.) da una sposa secondaria di nome Iside.

Statua calcarea di Hatshepsut. Metropolitan Museum of Art, New York

Su numerosi monumenti il suo nomen compare in forme distinte: scrivendolo nella sua interezza, volgendolo però al maschile (Hatshepsu/Hashepsu ). È quindi ben comprensibile la sorpresa degli archeologi che scoprirono l’esistenza di questo faraone-donna presentato come uomo nelle sculture e nei rilievi. Probabilmente la sovrana sfruttò tali cambiamenti di sesso per aumentare il proprio carattere divino e concentrare nella propria persona il concetto di dualità, estremamente importante nella mentalità egizia.


Hatshepsut va annoverata fra i costruttori più prolifici della storia egizia, avendo ordinato la creazione di centinaia di edifici fra l’Alto e il Basso Egitto. Inoltre durante il regno della sovrana si ebbe una produzione statuaria particolarmente ricca.  Hatshepsut eresse anche due obelischi gemelli, i più alti della loro epoca, all’entrata del Tempio di Karnak, dopo il quarto pilone; uno dei due è ancora in piedi ed è il più alto obelisco conservatosi in Egitto (con i suoi 29,26 m. è il secondo più alto nel mondo dopo quello “lateranense” di Roma), mentre l’altro si è spezzato in due parti ed è crollato. Noto come “Obelisco incompiuto di Assuan”, si è dimostrato utile per comprendere la tecnica utilizzata per la creazione degli antichi obelischi.

Il capolavoro di Hatshepsut fu il suo tempio funerario, che eresse in un complesso a Deir el-Bahari. Il disegno fu progettato e arricchito dall’architetto Senenmut, primo consigliere e braccio destro della regina. Si trova sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a Tebe e all’ingresso della Valle dei Re, scelta da tutti i successivi faraoni del Nuovo Regno per le proprie sepolture, emulando in qualche modo la scelta di Hatshepsut. Il punto focale del complesso era il Djeser Djeseru, cioè “Santo dei santi”, un colonnato la cui perfetta armonia anticipa di quasi un millennio il Partenone di Atene.  Composto da una serie di terrazze che un tempo ospitavano giardini lussureggianti, ricavate sul fianco della scarpata rocciosa che delimita la valle del Nilo e che incombe a strapiombo su tutto il complesso. Il tempio funerario è dedicato alla divinità solare Amon-Ra. È considerato uno degli “incomparabili monumenti dell’antico Egitto”. Il tempio fu il luogo in cui il 17 novembre 1997 avvenne il massacro di 62 persone, soprattutto turisti, per mano di estremisti islamici.

La terrazza superiore è costituita da un portico con 24 statue osiriache della regina (Hatshepsut viene in questo caso ritratta come un uomo) e dall’entrata al santuario principale.

Su una delle pareti di una delle cappelle della terrazza superiore,  un uomo si è fatto rappresentare in ginocchio, in atto d’adorazione. Il suo nome: Senenmut. E’ il geniale architetto che ha progettato il tempio di Deir el Bahari.  Di origini modeste, Incaricato della gestione di una parte del grande tempio di Karnak, secondo profeta di Amon, fu anche precettore della principessa ereditaria. Alcune statue lo mostrano mentre tiene avvolta nel suo mantello la figlia della regina.

Anche se statue ed ornamenti sono stati rubati o distrutti, sappiamo che la struttura un tempo conteneva due statue di Osiride, un viale costellato di sfingi e molte altre sculture della regina in pose diverse: in piedi, seduta o in ginocchio. Molti di questi ritratti furono distrutti per ordine del figliastro Thutmose III dopo la sua morte.

Senenmut e Neferura, British Museum

Uno dei momenti più famosi della propaganda di Hatshepsut è il mito sulla sua nascita:

Questo momento così particolare e stato fatto raffigurare dalla sovrana in un ampio ciclo iconografico sulle pareti del Tempio, per giustificare i propri diritti al trono: la composizione delle immagini e dei testi di tale mito avrebbero evocato la consacrazione con la quale il dio Amon, protettore della dinastia, indicato come vero padre di Hatshepsut, l’avrebbe designata a regnare. La narrazione del mistico concepimento e della nascita divina della sovrana si svolge come lo scenario di un dramma suddiviso fra terra e cielo.

La nascita di Hatshepsut è descritta in modo puramente simbolico.

Khnum e Heket intenti a plasmare e dare vita a un nuovo essere umano, in rilievo nel Tempio di Dendera.

Questa iconografia, più tarda, ricalca abbastanza fedelmente la scena corrispondente del Tempio di Hatshepsut (dove, però, le figure sul tornio sono due: il corpo e l’anima della futura sovrana). Quando iniziò la “ damnatio memoriae”  su Hatshepsut , da parte del figliastro Thutmosi III,  le immagini e le iscrizioni che riguardavano il nome della regina furono distrutte. Il movente del faraone potrebbe essere stata l’incertezza del proprio diritto a regnare, in quanto figlio di una sposa secondaria e non della “ sposa regale “. Inoltre, non è mai stato accettato il fatto che una donna di arrogasse il diritto di prendere le redini al pari di un uomo.

Horus e Thot purificano Hatshepsut (la sagoma è stata cesellata), Karnak
A sinistra, i nomi di Hatshepsut raschiati e cancellati, a destra, invece, quelli di Thutmose III lasciati intatti, al di sotto del Disco solare alato

Fonti:

http://www.ancient-egypt.org/index.html
La civiltà egizia, Alan Gardiner, Einaudi, Torino, 1997
Hatshepsut. in Le signore dei signori della storia, Giorgio Leonardi, a cura di A. Laserra, Milano, FrancoAngeli, 2013
Hatshepsut, L’unica donna che fu Faraone,  Joyce Tyldesley
KARNAK E LUXOR, A.Roccati, Deagostini, 1981

 

 

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